TAXISTI
Ore 4 e 30 di un sabato mattina. Sono fuori dalla bella casetta Prat di Queen's Gardens dove ho dormito poco ma bene. Ho lasciato Antonella dentro casa che dormicchia un po' febbricitante e mi ritrovo fuori, in centro a Londra. E' gia' chiaro e luminoso. Sono belle le citta' del nord: vanno a dormire d'inverno e d' estate se la godono. Non come all'equatore dove le stagioni non esistono e il tempo non invecchia.
Fuori casa il taxi non c'e'. Chiamo il numero verde e mi confermano che il taxi dovrebbe essere gia' li'. Guardo bene e alla fine vedo una bella multipla bianca e azzurra: gran macchina della fiat, brutta ma efficiente e simpatica. Sveglio l'autista dentro che dorme reclinato sul sedile. Cominciamo a parlare. E' etiope, di Addis, emigrato qua 17 anni fa. Era sposato con una etiope, ma, dice lui, etiopi emigrate prendono dall'occidente le abitudini peggiori. Cosi' hanno divorziato e lei si e' portata via la bimba. Lui fa shift di 12 ore, ne ha ancora fino alle 9 del mattino. Parliamo di Etiopia, dei conflitti recenti che stanno squassando il paese, dello Sheraton hotel, principesco palazzo in mezzo a baracche, di donne etiopi e donne somale, le piu' belle creature umane di questo pianeta. Parliamo e la mezz'ora di taxi scorre veloce. Gli lascio 30 pounds, ci diciamo i nostri nomi e poi ci salutiamo. Mi urla quando gia' sono quasi dentro l'aeroporto. Torno indietro, mi da' il suo numero di telefono e mi dice di richiamarlo se torno a Londra.
Dieci ore dopo atterro al Cairo. Anche qui taxi, ma bianchi e neri. Anche qui fiat, ma piu' scassate. Parlare e' piu' difficile ma Ahmed mi racconta della sua famiglia, mi mostra le foto dei figli, mi chiede da dove vengo, se sono sposato, se ho figli. Anche qui ci mettiamo mezz'ora. Lo pago 30 pounds, solo che sono egiziani e valgono un decimo di quelli di Sam, qualche migliaio di chilometro a nord. Mancia 5 pounds, come in Inghilterra.
Gente interessante i taxisti.
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