VALTELLINA '09
La chiesa e’ ancora li’, ma tutto intorno il mondo s’e’ mosso. Un’onda silenziosa e insidiosa ha spostato persone e cose note: tutto e’ fuori luogo, anche se nulla si e’ rotto.
Torno a casa, nel letto che ha accolto il mio corpo crescere per vent’anni e quasi non riconosco la stanza. Cerco odori antichi e i miei libri; sbircio fra le lettere, ma poi richiudo la scatola. Mi manca il coraggio di prendere in mano gli album di fotografie nel comodino. La stanza di fianco e’ vuota e da sotto arrivano i colpi di tosse di papa’. I fratelli con cui giocavo sono lontani, e la tavola da pranzo e’ incredibilmente piccola. Fuori incontro gli amici del liceo: ci sono dei compagni ora, e dei figli, non seduti a mangiare bresaola con noi, eppure presenti e imprescindibili. Fatico a trovare un ritmo; corro indietro nel tempo per trovare qualcuno che non c’e’ piu’ e quello che c’e’ oggi non riusciamo a tirarlo fuori. Sensazione di occasione persa, nonostante il vino buono. Mi mancano Laura e Alice.
Sulle scale della nonna un particolare, piccolo piccolo. Vicino ad ogni porta, salendo su, c’era una piccola mattonella nera con il nome dei proprietari. Una scritta fatta a mano, color dell’oro, un po’ barocca ma bella e in tinta con gli infissi neri sulla porta di legno chiaro. Quando da piccolo correvo su per le scale, li sapevo tutti quei nomi, ad ognuno andava un mio respiro, su e su, a perdifiato per sette piani…Armanasco, Negrini, Colombo, Bocchio, e infine Bona. Le hanno coperte con adesivi nuovi quelle mattonelle; hanno cambiato i nomi; le hanno rovinate per sempre. E se e’ vero che quelle scale non le faccio piu’ di corsa ad andare in su, ancora preferisco scenderle a piedi. E quel piccolo furto di ricordi ed emozioni, che l’ascensore mi avrebbe nascosto, io l’ho visto. E mi ha fatto un po’ male. Poi ho pensato all’Abruzzo, mi sono vergognato e ho messo su una bella faccia: siamo fortunati, noi.
La due giorni valtellinese ha dato altro pero’: una mamma sempre in ospedale, ma grintosa e in recupero (forza!); parole con infermieri e medici dagli occhi buoni e dalla stretta di mano asciutta e forte; la gioia di una bimba di un anno che cammina a gambe ben aperte verso i suoi nonni; la prospettiva degli ultimi libri di Saramago e De Luca da leggere nei giorni a venire; le chiacchierate con la bisnonna che da 35 anni non sono mai abbastanza; il risveglio con la luce e gli uccelli di fuori. Aggiungo un paio di telefonate, una cena cucinata al mio papa’ e le musiche malinconiche di Battiato che mi accompagnano mentre la mia Ypsilon si infila in galleria e la valle scompare alle mie spalle. Non so cosa lascio indietro. Ma davanti ho l’India.
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