
Oggi sono stato a visitare Poli Charki, la prigione di Kabul che contiene 3,000 persone, una fortezza nella sabbia della periferia vuota della capitale. E' il luogo dove Karzai, in caduta libera nei sondaggi, ha ripreso da poco le esecuzioni per recuperare il favore degli Afghani. E' un luogo tetro, fatto di cunicoli bui senza illuminazione, odori acri che arrivano al cervello, e muri scrostati. Il direttore e' in uno scantinato buio, chiuso dietro una scrivania enorme e con fiori di plastica ovunque: sembra un cimitero, commenta il mio sempre arguto collega afgano.

Siamo andati nel reparto femminile, tra assassine (una ha fatto fuori 27 uomini!), prostitute e commercianti di droga. In una stanza ci sono 8 letti a castello, 16 donne piu' i loro bambini. Stretto, umido, claustrofobico. Non c'e' un programma per i bimbi, non c'e' un gioco, non c'e' un albero. Le donne dicono di ricevere un minimo di assistenza medica, ma a noi chiedono medicine: per il diabete, per l'ipertensione, per la malattia mentale che distrugge il cervello di una ragazzina afgana di 10 anni o giu' di li. Raggomitolata per terra, contorce le mani e dondola nel suo vuoto.
Tre prigioniere cinesi vedono Laura, la mia collega di Taiwan, e scoppiano a piangere raccontandole la loro odissea: rinchiuse a Poli Charki, per un passaporto falso, da 10 mesi. Dovrebbero uscire, le carte sono firmate, ma qualcosa non funziona. Una ha tentato il suicidio due volte, l'altra ha gia' avuto due infarti. Piangono a dirotto ma Laura tiene duro.
Io visito un gruppo di prigioniere afghane e poi vado nel reparto trafficanti di droga. Trovo questa ragazza qua sopra, nigeriana, beccata all'aeroporto quando stava per imbarcarsi per Dubai. Ha con se' il suo primo figlio di un mese, nato a Kabul, da una madre galeotta e un padre che non si sa. Dovra' scontare sette anni e per ora ha fatto 11 mesi. Mi dice che non ha piu' speranza e che il suo unico rifugio e' Dio. E' da li' che viene il nome di suo figlio. Emmanuel, mi dice. Like me, le rispondo. Ride. Se torno fra sei anni, lei ed Emmanuel saranno ancora li'.
5 Comments:
At 4:57 PM, Maria Luisa said…
Strano che questo post non abbia suscitato i commenti dei tuoi lettori, caro Lele.
Forse perché ha lasciato tutti senza parole.
E senza fiato.
Non so come tu possa vivere accanto a questi dolori, come tu faccia a toccare con mano incredibili ingiustizie, come tu riesca a prendere sonno dopo avere accarezzato Emmanuel.
E' dura questa vita che ti sei scelto, te l'ho già detto, benché affascinante e sicuramente "piena".
Grazie, perché ce ne regali dei preziosi frammenti.
Buon viaggio di ritorno a casa.
Piggy
At 2:55 AM, Anonymous said…
beh, è un post piuttosto abrasivo, e difficile da commentare. cercando di stare sul concreto, mi piacerebbe capire, ammesso che qualcuno lo sappia, se in afgh c'è qualcuno che sul sistema della giustizia sta cercando di fare lo stesso lavoro che fa sul sistema della sanità il nostro blogger e la sua banca.
[z.]
At 8:29 AM, Anonymous said…
confesso di aver provato a commentare una paio di volte, ma che al buono tutto quello che scrivevo mi sembrava inadeguato. Credo sia un post che va commentato a voce e di persona....troppo complesso e delicato per un commento veloce tra una cosa e l'altra.
Marta
At 6:32 AM, Anonymous said…
non volendo addentrarmi in questioni sull'ordinamento giudiziario che non è proprio il mio terreno, mi chiedevo come e perché Karzai stia scendendo nel gradimento della popolazione...
ciao
Marco
At 10:22 AM, Capobelsky said…
Questo e' uscito oggi e potrebbe interessare qualcuno.
Ciao.
e.
http://hdr.undp.org/en/reports/nationalreports/asiathepacific/afghanistan/nhdr2007.pdf
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